Maximiliano Granata(Legalità Democratica):Ecco cosa dice Mauro Mellini del giustizialismo di Nicola Gratteri.

Ecco cosa diceva nel 2010 Mauro Mellini del giustizialismo di Nicola Gratteri.

Cari Amici,
Andrea Granata mi ha voluto ricordare che una volta, sapevo scrivere. E sapevo anche guardare bene e capire il futuro. Mi ha ricordato questo mio articolo di dieci anni fa.
Lo ringrazio anche a vostro nome.
Ancora una volta, buon anno.
Mauro Mellini

30.12.2010
LA CULLA DEL GIUSTIZIALISMO

Una volta era d’obbligo affermare che all’Estero ci “invidiavano il Duce”. Ora per una forma assai simile di narcisismo, frutto di ottusità e di imposizione mediatica, sembra che dovremmo sentirci “invidiati” nientemeno che per il nostro diritto, “saggiamente” libero da impacci garantisti. A dettare agli Italiani l’assioma della loro fortuna di essere “guidati” dal Duce, con il corollario, appunto, dell’invidia prodotta in quei babbei degli stranieri che non erano stati capaci di procurarsene uno almeno un po’ somigliante al prototipo (ma poi i tedeschi ne tirarono fuori uno cento volte più “duce”) era lo stesso oggetto dell’invidia : il Duce ed i suoi cortigiani. Oggi a cercar di convincerci che siamo fortunati ad avere la miglior giustizia del mondo, che gli altri ci invidiano solo perché non la conoscono, sono gli stessi magistrati, che delle nostre leggi, ancora non tutte da buttare, fanno il “diritto vivente”, che a volerlo buttar via non ci si riesce, perché in un modo o nell’altro te lo fanno “vivere”, spiattellandotelo tale e quale.
Dunque, cari connazionali, “allegria”, come diceva la buonanima di Mike Bongiorno. Allegria perché siamo la culla del diritto e della giustizia, quella che non si fa fregare, perché se ne frega di quelle chiacchiere del garantismo. La culla, insomma, del giustizialismo. Peggio per chi non riesce a fare altrettanto e per evidenti complessi di inferiorità non sa imitarci. Il guaio è che con le loro stronzate (scusate, diciamo… sciocchezze…) mettono i bastoni tra le ruote alla giustizia nostra ed ai nostri magistrati che così bene la amministrano.
Queste cose, se non le diceva esplicitamente, le evocava e le lasciava intendere e faceva il necessario perché dovessimo intenderle giorni fa in televisione un magistrato che non è né un fanatico fondamentalista, né un esibizionista né tanto meno uno sprovveduto e che, pertanto, si può dire esprima il succo di tutta una politica giudiziaria (quella, appunto dei magistrati, che peraltro negano di averne una).
Dunque, Nicola Gratteri, della D.D.A. di Reggio Calabria, magistrato “antimafia”, anzi, antindrangheta, alle prese, per le sue funzioni, con molti problemi relativi ai rapporti con altri sistemi giudiziari e di indagini penali vigenti in Paesi d’Europa (e non solo), lamentava che, ad esempio, in Germania non fossero consentite intercettazioni telefoniche ed ambientali come da noi (dove, possiamo aggiungere, anche se non sono consentite, si fanno lo stesso etc. etc.) intercettazioni che avrebbero, ad esempio, consentito di “prevenire” la strage di ‘ndrangheta di Duinsburg.
Abbiamo inteso da vari magistrati lamentele analoghe: quei testoni dei Tedeschi, degli Olandesi, degli Inglesi, non si vogliono render conto di quanto sia buono il nostro sistema di sottoporre a misure “di prevenzione” anche patrimoniali (confische etc.) in base a “sufficienti indizi”; e non di “aver fatto” questo e quello, ma di “essere” mafiosi. Vogliono le prove.
E noi gliele diamo: le prove che quelli “sono indiziati”. E quelli niente: le prove che uno è “indiziato” per loro non contano…
Che poliziotti e pubblici accusatori lamentino di avere “le mani legate” non è davvero una novità. I nostri magistrati di tali lamentele ne hanno fatto un coro di sottofondo di ogni loro attività associativa o istituzionale. Adesso che ministri (di sinistra o di destra) fanno a gara ad adattare leggi e decreti ai loro desideri, il coro è, per lo più, di “allarme” per ciò che potrebbe accadere se Berlusconi non avesse lui le mani legate e volesse cominciare a guardar dove le mettono loro.
Intanto, un po’ per tenersi in esercizio, un po’ per abitudine, un po’, certamente, anche per convinzione, si lamentano del presente con riferimento a ciò che può capitare all’estero.
Come dire: altro che buoni esempi della giustizia di altri Stati! E’ là che le cose non vanno. Non vanno perché in Germania, Belgio, Francia, Olanda etc. etc. la giustizia non è “lottatrice”, ma avvelenata dal garantismo.
Ed ecco che il buon magistrato Gratteri, dà una spiegazione di questa “inadeguatezza”. Di quella dei Tedeschi, in particolare.
Essendo stati nazisti, i Tedeschi ora hanno timore di non apparire abbastanza democratici e finiscono quindi per prendere per buone le corbellerie dei garantisti. E così mettono i bastoni tra le ruote alla magistratura italiana che deve ricorrere alla collaborazione internazionale per combattere ‘ndrangheta, mafia e camorra. L’Italia, dove la democrazia è invece più radicata e non c’è bisogno di sbracciarsi troppo e compromettersi col garantismo per dimostrarlo, può accontentarsi dei “sufficienti indizi” per intercettare, confiscare e arrestare. Democraticamente. Peccato che quelli là non capiscano che siamo noi la “culla del diritto” (e della democrazia) e non ci lascino arrestare, intercettare, confiscare “all’italiana” per lottare contro la criminalità nostra (ed anche loro) anche nei loro paesi.
Di tutto questo discorso una cosa di buono sembra esserci. Non si sente la solita solfa secondo cui qui da noi tutto va a catafascio, peggio che nel Katanga etc. etc. Ma poi ci si rende conto che dovremmo dedurne che quel che abbiamo di buono e quel che bene funziona è la giustizia. Ed allora…

Mauro Mellini
30.12.2010

CANCELLARE SALVINI? NO, CANCELLARE TUTTI “GLI ALTRI” di Mauro Mellini

Maximiliano Granata e Mauro Mellini

E’ scoppiata una polemica, una volta tanto non pretestuosa e balorda, per un infelice titolone di Repubblica: “Cancellare Salvini”.
Proprio così. E senza virgolette (c’è sempre chi le virgolette non le sa mettere e, quindi, vorrebbe che gli altri non facessero altro che mettere virgolette ovunque).
Tanto, con le virgolette o senza le virgolette il pensiero di Repubblica è noto.
Repubblica, il giornale del mio concittadino Eugenio Scalfari (dovrei scrivere qualcosa delle storielle delle nostre famiglie) può considerarsi il Top, come oggi si dice, della politica delle “cancellazioni”. Quello che, almeno da trent’anni è il modo di concepire la politica nel nostro Paese: Distruggere, demonizzare, oscurare, manganellare, “cancellare” la politica degli altri. Gli altri politici, quelli che non sono dalla tua parte.
E, magari, ricavare una “ideologia” da quello che rimane, da quello e quelli che non sono fatti oggetto delle “cancellazioni”.
Riflettiamo un momento.
Chi ci ha dato la “novità” della politica, delle leggi elettorali, della stampa, dei partiti?
Questi decenni sono stati decenni di cancellazioni, di demonizzazioni. Cancellati, demonizzati, fisicamente annientati gli Uomini della Prima Repubblica. Da Andreotti a Craxi e via via, noti ed ignoti. Molti ignoti uomini politici della Prima Repubblica sono diventati “personaggi” perché si è trovato modo di “cancellarli” col “rito” riservato ai grandi.
2° Repubblica? Chiamatela pure così.
Io per anni, per decenni, con parole e scritti, con articoli e libri ho cercato di far capire a qualcun altro che questa è la Repubblica del Partito dei Magistrati. In tanti anni cadute ed ascese di governi e di partiti o “cosi” che ad essi assomigliavano, sono stati scanditi dalla magistratura. Dal partito delle Toghe. Con gli arresti, le condanne, ma anche con le assoluzioni ritardatarie, con gli “avvisi di garanzia” (che garantivano e garantiscono non altro che le “cancellazioni”).
Così è finito Andreotti, così Craxi. E, magari, Mannino. Che non era, fuori della Sicilia molto più che il Sig. Nessuno e che ha dovuto aspettare i suoi 80 anni per sentir dichiarare che, il fatto che “pareva” avesse paura di essere ammazzato dalla Mafia non significava che dovesse aver procurato, gestito, stimolato la Trattativa tra Stato e Mafia.
Strage giudiziaria di uomini politici importanti e no. Ma anche di amministratori di Comunelli di campagna. Rovine, suicidi. Ma anche mogli che tenevano e tengono i mariti per la falda della giacca, perchè non vadano a rischiare il loro buon nome “con la politica”, e mettersi sotto tiro di qualche Procuratore.
Lo “squadrismo togato” ha distrutto il concetto di “opinione pubblica”, di “volontà popolare”. La politica è diventata rischio.
Di nuovo, dopo che con la democrazia e la Liberazione non si rischiava più di finir male per mancanza di obbedienza e di rispetto della Dittatura.
Far fuori l’avversario. “Cancellarlo”. Con ciò distruggendo anche quelli che, capaci, sapienti ed onesti, non avevano un ruolo da cui essere ragionevolmente estromessi a suon di avvisi di garanzia.
“Cancellare Salvini”. Certo. Ci sono in Italia centinaia di persone capaci più di Salvini di far politica. Ma non c’è modo di “cancellarli”. La politica della “cancellazione”, dello squadrismo giudiziario, di quello mediatico-giudiziario, annientò uomini politici che, al paragone dei Di Maio e dei Toninelli etc. sono dei giganti. Ma, al contempo essa fa sì che taluno “esista” praticamente solo quando si sia appropriato di una notorietà da distruggere con un tratto di penna di un Procuratore.
Cancelleranno Salvini? Non lo so e mi rifiuto di pensare troppo a quel che succederà. Benchè la possibilità di vedere le sorti di un qualsiasi personaggio del proprio Paese distrutto da un tanghero che lo criminalizza perché “sequestratore di persone mediante mancata accoglienza” sia cosa che dovrebbe farmi crollare il mondo addosso.
A Salvini, che non mi è particolarmente simpatico e che finora non ho mai votato, il mio augurio. L’augurio di non cadere per tale sciagurata, spudorata manovra.
Vorrei poi augurare a lui ed a tutti gli Italiani qualcos’altro di più decente e serio. Ma ho paura. Francamente ho, invece paura di un avvenire che, poi, non ho.

Mauro Mellini
16.01.2020

Lega Calabria:Dal disastro Furgiuele e Invernizzi al nuovo corso organizzativo di Walter Rauti.

La genesi della Lega Calabria parte da Domenico Furgiuele, che ha avuto la grande capacità, in poco tempo, di disunire la classe dirigente del partito. Con la successiva gestione di Cristian Invernizzi e la composizione della lista per il rinnovo del consiglio regionale calabrese, la base della lega calabrese è implosa. Per i dissidenti Invernizzi non ci rappresenta, non ha saputo creare le condizioni per unire il partito. In questi giorni nel nuovo corso affidato a Walter Rauti, coordinatore organizzativo del partito si è quanto meno riusciti ad avviare un confronto sul territorio calabrese. Vedremo quale sarà l’evoluzione……..