MAGISTRATI SCATENATI: ORA TUTTI NE VEDONO IL “PARTITO” di Mauro Mellini

Mauro Mellini

MAGISTRATI SCATENATI:
ORA TUTTI NE VEDONO IL “PARTITO”

L’avvicinarsi del voto di domenica 26 maggio ha messo il pepe sulla coda di Procuratori e Procure impegnati nella “lotta alla politica”.
Perché oramai quale che sia il fondamento delle accuse rivolte ad amministratori e “politici”, l’ondata e l’apparente “direzione” delle incriminazioni, la scelta del tempo e tutta la solita strumentazione e “collaborazione” con la stampa, denunciano l’impegno delle Toghe a colpire per “ulteriori finalità”, secondo una visione di parte e, di conseguenze secondo una strategia riconducibile a quell’”uso alternativo della giustizia” di cui tanto ciarlarono nelle loro teorizzazioni gli scalpitanti magistrati di Magistratura Democratica di alcuni decenni fa.
L’”alternativa” cui essi allora alludevano era la grande rivoluzione sociale secondo gli schemi marxisti, di cui, invece, le macerie, i liquami ci hanno dato il “nuovo” populismo becero oggi in auge.
Questi tardivi epigoni di un Partito dei Magistrati un po’ sgangherato (il fatto che esso per lo più operi in sintonia con i forcaioli imbecilli del Cinquestellismo locale basta ed avanza a confermarlo) si valgono di strumenti legislativi e di forzature giurisprudenziali che sono stati sciaguratamente elargiti per placare i loro bollori nel corso di decenni. C’è una ricchezza di ricorso al reato di abuso in atti d’ufficio che ne fa “l’abuso dell’abuso” ed ora vengono fuori le assurde novità (si fa per dire) della legge sul finanziamento dei partiti, per la quale mettere le mani al (proprio) portafoglio, per alimentare la propria corretta politica, è reato.
Tutto l’armamentario anticorruzione oggi nelle mani di questi magistrati “lottatori” a Cinque Stelle o giù di lì è frutto di una corrività tipicamente berlusconiana nell’”ammansire” i forcaioli nell’illusione di placarli.
La corruzione c’è ed è grave. E’ frutto oltre che di una caduta del senso dello Stato e dei doveri di onestà, della frantumazione del sistema partitocratico della Prima Repubblica, in cui la tangente era una sorta di “decima” pagata al sistema politico ricevuto da Yalta ed alla lotta al Comunismo. Sistema di corruzione che la complicazione inestricabile di leggi, leggine, colli di bottiglia, “pedaggi”, “posti di blocco”, per ogni attività imprenditoriale hanno fatto lievitare e reso usuale.
Tutta la “lotta” alla corruzione pare che abbia effetti controproducenti. Certo questi “effetti” sono, anziché nel senso di una diminuzione e repressione degli illeciti, già nella vita economico-sociale, un aumento del potere di cui l’abuso d’ufficio lo mette in atto chi lo compie “in nome del Popolo Italiano”.
Ma oramai il Partito dei Magistrati non sembra tendere più ad agire come un unico corpo in un’unica direzione. E’ piuttosto espressione dello scadimento in sé delle fobie e dei vagheggiamenti dei peggiori tra i magistrati stessi.
Li conosciamo. Li conoscete. Parliamone di più.
E vediamo di cacciarli. Non è impossibile.

Mauro Mellini

Maximiliano Granata “Legalità Democratica” e il partito degli astensionisti

“In Calabria da quello che emerge dalle prime indicazioni dei nomi che saranno candidati per le prossime elezioni per il rinnovo del parlamento, non possiamo che constatare un quadro desolante che mortifica il territorio e gli amministratori .

Non ci resta che costituire il partito degli astensionisti .

L’avvicinarsi della scadenza per il deposito di liste, candidature e simboli per le prossime elezioni ha fatto venir fuori, come funghi dopo la pioggia di fine estate, nuove formazioni (chiamiamole così) con sigle strane, con stranissime denominazioni e simboli, che sembrano la marca del cibo per i gatti.
Formule vuote ed insulse, nelle quali l’unico elemento di verità è l’accuratezza nell’evitare la parola partito.
Infatti non sono “partiti”, espressione di una parte della pubblica opinione. Gli unici che si definiscono un partito sono quelli del P.D., “Partito Democratico”, che sono meno partito e meno democratici degli altri.
E’ finita l’epoca dei partiti “ideologici” e dei partiti in genere. Ed è finita l’epoca dello scimmiottamento delle “primarie” americane, utilizzate da noi sempre come una mezza truffa.
E’ finita pure l’epoca della “selezione telematica” dei candidati della premiata ditta “Grillo, Casaleggio e Compagni”.
Nei simboli elettorali non figura più il marchio dell’imbecillità, l’indicazione del candidato Presidente del Consiglio, esilarante, sempre, ma soprattutto nei simboli di piccolissima formazione: “Cianchettini Presidente”, “Ingroia Presidente”.
La disavventura di quest’ultimo credo sia stata determinante nel far eliminare, se non altro per motivi scaramantici, quella idiozia.
E’ accaduto e sta accadendo un singolare fenomeno. I vari partiti (si fa per dire, chiamateli come vi pare: consorterie, congreghe, società anonime, confraternite, clientele) hanno cercato di farsi una legge elettorale su loro misura ed a loro profitto. Né è venuto fuori un pasticcio della malora, che una percentuale di non meno del 97% degli Italiani non sa come funziona e non meno del 95% non lo saprà nemmeno dopo aver votato.
Una legge a misura dei partiti (che non c’erano e non ci sono). Che ha già ottenuto l’inverso di quel proposito che l’ha ispirata: ha fatto nascere “partiti” (che però non ci sono e non ci saranno) a misura della legge. Pasticcio crea pasticcio.
E’ ancora presto per fare un quadro completo delle candidature più o meno fasulle, più o meno velleitarie.
Intanto pare che possano darsi per certo quelle di almeno tre ex magistrati: Grasso, Ingroia e (udite! udite!) Di Pietro che la nuova legge elettorale ha sottratto ad un tempestivo pensionamento. Lui non avrebbe voluto, ma pare che (chi mai?) lo abbiano costretto a candidarsi “come indipendente” (che nel pasticcio in vigore non si sa che significa).
Ma, in fatto di magistrati, non finisce qui. Si candideranno altri che, diversamente dai tre sullodati, sono in servizio (si fa per dire: sono quelli che sono già da tempo in campagna elettorale).
E’ improbabile che Di Matteo non cerchi di mettere a frutto la sua collezione di cittadinanze onorarie, frutto della cosiddetta condanna (a morte) con una bella candidatura. Ma ha da fare con la pagliacciata del processo sulla Trattativa. Punta, quindi a fare direttamente il ministro. Ha già dichiarato che lui non si spreca per un piatto, anche se ben condito, di lenticchie.
E, poi, ci saranno le candidature per le elezioni regionali. Si scrive sui giornali della candidatura alla Presidenza della super regione Lombardia, ma assai di più si parla in Calabria di una candidatura togata. Naturalmente antimafia. E un via vai di magistrati in visita pastorale prepara il terreno ad un Collega.
Ci sarebbe da parlare di incompatibilità.
Ma è argomento fuori moda. Adesso si parla di “impresentabilità”, neologismo metagiuridico caro a Rosy Bindi. Però sappiamo che le sue liste di (alcuni degli) “impresentabili” le tira fuori a presentazione avvenuta, anzi, alla vigilia del voto.
Pasticcio crea pasticcio. E pasticcioni per tendenza e mestiere creano grossi pasticci. Ridicoli e pericolosi.
Ci abbiamo fatto l’abitudine”. Lo afferma Maximiliano Granata, presidente dell’associazione “Legalità Democratica”.