Il deputato di un quartiere lametino, Domenico Furgiuele, parla di Giustizia.

C’è un giovane deputato di un quartiere lametino, Domenico Furgiuele, che non ha certamente brillato nella scorsa esperienza parlamentare, che si muove oggi nel territorio della zona jonica per fare proclami sulla realizzazione della SS 106 e discutere addirittura di giustizia. Mauro Mellini avrebbe certamente ironizzato su questa iniziativa. Nel frattempo giunge a sollazzarmi, ma non troppo, un sonetto di Gioacchino Belli ” Er Tordo de Montecitorio”, d’altronde Belli è Belli e facilmente se ne comprendono le ragioni. La storia continua …………………………………..

Mauro Mellini: Il caso DELL’ “ON. DELATORE DELLA REPUBBLICA” Nicola Morra

On. Avv.  Mauro Mellini

Il noto Giurista ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura On. Avv. Mauro Mellini interviene sul Caso Nicola Morra :
IL CASO DELL’ “ON. DELATORE DELLA REPUBBLICA”
E’ scoppiato (si fa per dire: anche alle bombe la stampa sa applicare, in certi casi, la sordina) il caso nientemeno che di una nostra vecchia conoscenza, l’attuale Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, il Senatore (ma, come vedremo, dovremmo dire l’”On. Delatore della Repubblica”) Nicola Morra del Collegio di Cosenza.
Avevamo già parecchio tempo fa segnalato la sconcezza di una perenne presenza del Prof. Morra nei locali della Procura della Repubblica di Cosenza ed in particolare negli Uffici di taluni Magistrati.
Che cosa avesse da fare, con tanta assiduità, noi che non abbiamo accesso alle intercettazioni lecite (accesso illecito) né avevamo sistemi illeciti di intercettazioni illecite, non potevamo certo dire. Ma molti elementi comprovavano già allora che tale presenza non era imposta da convocazioni, ma espressione di rapporti di particolare amicizia e collaborazione e, magari, di petulanza.
Oggi leggiamo su varii giornali e ripetutamente che il suddetto Prof. Morra, eletto Senatore, si direbbe per meriti di contiguità, manco a dirlo, nel partito di Casaleggio S.r.l., detto Cinquestelle, a quello dei Magistrati, avrebbe costituito una sorta di rete di indagini su tutte le amministrazioni della Provincia, in particolare quelle non in mano dei Casaleggesi. La sua presidenza dell’Antimafia, quindi, si inquadrerebbe piuttosto nel suo mestiere di mendicante di colloqui con i magistrati della Procura piuttosto che con una sua approfondita ed oggettiva visione del fenomeno mafia. Che di rapporti da leccapiedi di magistrati, alla ricerca del piede giusto ha antica e, magari, non sparita tradizione.
Scrivevamo già allora, quando il Nostro non era ancora Senatore, che se anche in Calabria si dovesse applicare la legge anticorruzione della Regione Siciliana, allora ci si troverebbe di fronte ad un caso in cui sarebbe stata imposta l’applicazione della norma di essa che impone ai portieri degli stabili in cui hanno sede Pubblici Uffici di segnalare alle autorità, credo quelle di P.S. la frequenza inspiegabile di determinate persone negli Uffici siti nel palazzo (Norma ereditata, credo, dall’O.V.R.A.).
Portieri delatori, dunque, piaccia o non piaccia questa qualifica per una categoria di rispettabili lavoratori.
Ma altro che portieri-delatori! Abbiamo oggi i Senatori-Delatori, anzi, ad essere più chiari ed espliciti gli “On. Delatori della Repubblica”.
Leggevo la copia di una denunzia del suddetto Prof. Sen. Morra: “Il sottoscritto Nicola Morra, nella sua qualità di Senatore della Repubblica, espone alla Signora vostra, per l’ipotesi che i fatti in questione possono costituire reato etc. etc.”.
Nella qualità di Senatore! Ecco per lui la funzione del Senatore: “ti dico questi fatti e pensaci tu a tirarne fuori un buon sugo di incriminazioni e di sputtanamento”.
Sputtanamento che non è mai mancato in danno di persone denunziate dal Nostro On. Delatore della Repubblica.
Avrei voluto che l’esperienza ed il senso di responsabilità e di stile del Prof. Morra, una volta eletto Senatore, gli facesse abbandonare certi vizietti che tanto hanno a che vedere con la delazione. Ma il lupo cambia il pelo e quel che segue.
Senatore? no! Delatore della Repubblica.
Mauro Mellini
18.07.2019

Mauro Mellini denuncia potere dei pm e inerzia dei politici

Mauro Mellini e Maximiliano Granata

È il caso di Mauro Mellini, già deputato radicale e membro del Csm, che ha fatto il giro delle sette chiese in cerca di un editore per Il partito dei magistrati, trovando asilo solo presso il coraggioso ma minuscolo Bonfirraro. Ed è un peccato, perché libri come il suo sono proprio ciò che manca al dibattito (truccato) sulla giustizia: da anni assistiamo a una sfida da feuilleton tra un imprendibile Fantômas e un tenace commissario Juve, e il duello ruba la scena alle questioni serie, che riguardano, prima di tutto, l’equilibrio tra i poteri. O meglio, lo squilibrio.
Il libro di Mellini, tra il saggio storico, il pamphlet e il memoriale, rileva il paradosso di «una funzione dello Stato che si erge a partito e che come partito opera e si muove nella vita politica e sociale». Il suo bersaglio è la «giustizia deviata», uscita dal recinto delle sue funzioni e dedita al pascolo abusivo in terreni che non le spettano. Lo sconfinamento parte già nel dopoguerra e trova i primi appigli nell’ambiguo compromesso costituzionale. È teorizzato poi nel periodico di Magistratura democratica, che Mellini è andato a rileggersi: grattando la crosta del gergo contestatario, ecco emergere temi come l’indipendenza assoluta della magistratura e il suo diritto a mutare i rapporti sociali a colpi di sentenze. Ma il punto di svolta è la gestione delle due grandi emergenze, mafia e terrorismo. È allora che la giustizia si ammanta di metafore militaresche: i magistrati sono «in trincea», ogni procura è un «avamposto dello Stato». Il potere della corporazione si estende, la cultura delle garanzie retrocede. E già che in Italia, secondo l’adagio di Flaiano, nulla è più definitivo del provvisorio, l’emergenzialismo sopravvive all’emergenza.

Dalle pagine di Mellini, che intrecciano con piglio quasi romanzesco questioni tecnico-giuridiche — la composizione del Csm, i tranelli del nuovo codice, i magistrati fuori ruolo — e grandi storie nazionali come il caso Montesi e il caso Tortora, prove generali del circo mediatico-giudiziario e dei suoi usi politici, si ricava una lezione desolante: l’esondazione, più che all’attivismo della corporazione o al protagonismo delle sue avanguardie, si deve all’ignavia della politica e ai suoi calcoli di tornaconto. Un esempio è la legge Breganze, che sancì nel 1966 la «carriera automatica» dei magistrati, senza criteri di merito. Quando la norma era in discussione, racconta Mellini, perfino Andreotti sollevò qualche riserva, ma gli fu raccomandato di tenerla per sé, perché altrimenti «ci arrestano tutti gli amministratori democristiani». Altro esempio è il referendum per la responsabilità civile dei magistrati, indetto sull’onda del caso Tortora. Il ceto politico non volle andare fino in fondo e tradì l’esito referendario: restò a mani vuote, ma ottenne comunque di inimicarsi i giudici, che vissero la campagna come un affronto. Mani pulite era alle porte. Quando poi, in un demagogico cupio dissolvi, i parlamentari si spogliarono di quell’immunità di cui pure avevano abusato, la frittata era fatta, lo squilibrio sancito. E la classe politica della Seconda Repubblica, malgrado i fuochi d’artificio, si è guardata bene dall’affrontare il nodo, secondo l’abitudine nazionale al rinvio.
Mellini non si rassegna all’idea che le sue, per usare la formula einaudiana con cui i liberali fanno quasi un vanto della loro irrilevanza, siano «prediche inutili». Però lo teme, tanto che la sua dedica è «a tutti coloro che non leggeranno questo libro, con l’augurio che non abbiano ragione per pentirsi di non averlo letto». A riprova che il garantismo è pensiero non già egemone, ma solitario e clandestino.

MAGISTRATI SCATENATI: ORA TUTTI NE VEDONO IL “PARTITO” di Mauro Mellini

Mauro Mellini

MAGISTRATI SCATENATI:
ORA TUTTI NE VEDONO IL “PARTITO”

L’avvicinarsi del voto di domenica 26 maggio ha messo il pepe sulla coda di Procuratori e Procure impegnati nella “lotta alla politica”.
Perché oramai quale che sia il fondamento delle accuse rivolte ad amministratori e “politici”, l’ondata e l’apparente “direzione” delle incriminazioni, la scelta del tempo e tutta la solita strumentazione e “collaborazione” con la stampa, denunciano l’impegno delle Toghe a colpire per “ulteriori finalità”, secondo una visione di parte e, di conseguenze secondo una strategia riconducibile a quell’”uso alternativo della giustizia” di cui tanto ciarlarono nelle loro teorizzazioni gli scalpitanti magistrati di Magistratura Democratica di alcuni decenni fa.
L’”alternativa” cui essi allora alludevano era la grande rivoluzione sociale secondo gli schemi marxisti, di cui, invece, le macerie, i liquami ci hanno dato il “nuovo” populismo becero oggi in auge.
Questi tardivi epigoni di un Partito dei Magistrati un po’ sgangherato (il fatto che esso per lo più operi in sintonia con i forcaioli imbecilli del Cinquestellismo locale basta ed avanza a confermarlo) si valgono di strumenti legislativi e di forzature giurisprudenziali che sono stati sciaguratamente elargiti per placare i loro bollori nel corso di decenni. C’è una ricchezza di ricorso al reato di abuso in atti d’ufficio che ne fa “l’abuso dell’abuso” ed ora vengono fuori le assurde novità (si fa per dire) della legge sul finanziamento dei partiti, per la quale mettere le mani al (proprio) portafoglio, per alimentare la propria corretta politica, è reato.
Tutto l’armamentario anticorruzione oggi nelle mani di questi magistrati “lottatori” a Cinque Stelle o giù di lì è frutto di una corrività tipicamente berlusconiana nell’”ammansire” i forcaioli nell’illusione di placarli.
La corruzione c’è ed è grave. E’ frutto oltre che di una caduta del senso dello Stato e dei doveri di onestà, della frantumazione del sistema partitocratico della Prima Repubblica, in cui la tangente era una sorta di “decima” pagata al sistema politico ricevuto da Yalta ed alla lotta al Comunismo. Sistema di corruzione che la complicazione inestricabile di leggi, leggine, colli di bottiglia, “pedaggi”, “posti di blocco”, per ogni attività imprenditoriale hanno fatto lievitare e reso usuale.
Tutta la “lotta” alla corruzione pare che abbia effetti controproducenti. Certo questi “effetti” sono, anziché nel senso di una diminuzione e repressione degli illeciti, già nella vita economico-sociale, un aumento del potere di cui l’abuso d’ufficio lo mette in atto chi lo compie “in nome del Popolo Italiano”.
Ma oramai il Partito dei Magistrati non sembra tendere più ad agire come un unico corpo in un’unica direzione. E’ piuttosto espressione dello scadimento in sé delle fobie e dei vagheggiamenti dei peggiori tra i magistrati stessi.
Li conosciamo. Li conoscete. Parliamone di più.
E vediamo di cacciarli. Non è impossibile.

Mauro Mellini

Granata (Legalità Democratica) si congratula con l’On. Jole Santelli, neo Vicepresidente della Commissione Antimafia

On. Jole Santelli

Maximiliano Granata (Legalità Democratica) si congratula con l’On. Jole Santelli, neo Vicepresidente della Commissione Antimafia .

Desidero rivolgere le mie congratulazioni e gli auguri di buon lavoro al neo Vicepresidente della Commissione Antimafia, On. Jole Santelli . Sono certa che saprà affrontare questa nuova, e non semplice, sfida con l’esperienza e la professionalità che la hanno contraddistinta in questi anni di attività parlamentare. Un profilo importante che saprà dare la sua impronta nell’affermazione dei principi di legalità e giustizia.

I magistrati fanno un uso politico della giustizia?

Piercamillo Davigo e Nicola Morra

Oggi “Intromittunt se de omnibus”, si impicciano di tutto, i P.M. ed i Giudici penali.

Perseguire i reati, veri o immaginari è la chiave per l’accesso all’esercizio, di fatto, del potere esecutivo e della stessa “politica”.

Quando, invece, secondo il fondamentale principio della divisione dei poteri, si imporrebbe una netta separazione tra il legislativo, l’esecutivo ed il giudiziario. Una separazione teorizzata due secoli e mezzo fa e realizzata faticosamente con la creazione dello Stato moderno e l’avvento delle libere istituzioni.

Assieme all’”intromittere se de omnibus” dei P.M. e dei Giudici Ordinari fiorisce uno strano fenomeno: quello di una “specializzazione”, non nelle funzioni, ma nell’abuso di quegli strumenti che la legge (in verità sempre più sgangherata al riguardo nelle sue “novità”) fornisce agli scalpitanti magistrati “ratione peccati” per perseguire i reati.

E poiché nella legislazione criminale ci si accosta sempre più alle tesi che, con una spolverata di retorica democratica e di argomentazioni sociologiche, sono pur sempre quelle della giustizia nazista (punire chi è capace e proclive a commettere un reato senza che debba proprio averlo commesso) lo sbandamento ed il debordare diventa invasione del potere esecutivo e della politica. Ma, abbandonando la “divisione dei poteri” sembra che le diverse istituzioni territoriali giudiziarie si “specializzino”, come dicevamo poc’anzi, nel tipo di utilizzazione distorta, oltre che nella stessa distorsione “dei mezzi giudiziari”.

Prima le dichiarazioni del presidente dell’Anm Camillo Davigo, poi il caso Piergiorgio Morosini hanno fatto tornare d’attualità nel dibattito politico il tema della politicizzazione della magistratura.

Nella sua analisi, Giovanni Fiandaca ,aveva colto il centro nevralgico del problema: “La discrezionalità, a seconda dei casi più o meno ampia, inevitabilmente connessa all’interpretazione giudiziaria, funge infatti da porta di ingresso per un insieme eterogeneo di fattori di condizionamento di natura ‘extra-legale’: fattori che vanno dagli orientamenti politico-culturali della corrente di appartenenza al sistema personale di valori, alla fede politica e alla sensibilità del singolo magistrato. Ora, una libertà interpretativa influenzata da opzioni di valore è stata consapevolmente teorizzata da una corrente come Magistratura democratica, che non a caso è quella che si è tradizionalmente distinta rispetto alle altre correnti per una maggiore capacità di elaborazione culturale. E la spiccata attenzione per le valenze politiche dell’attività giurisdizionale ha, contemporaneamente, alimentato forme di proiezione pubblica e di militanza extra-giudiziale così esplicite, anche sul piano dell’esposizione mediatica, da trasformare il magistrato in uno degli attori politici che occupano la scena pubblica”.

Granata (Lega): “Tribunale di Cosenza”, richiesto un incontro con il Ministro della Giustizia Bonafede .

Tribunale di Cosenza

Granata Lega : “ Tribunale di Cosenza” , non si puo’ istituzionalizzare il  pettegolezzo e dare rilevanza ad  una giustizia del sospetto. Richiesto un incontro con il Ministro della Giustizia Bonafede .

Nove deputati Cinquestelle interrogano il ministro della Giustizia, Bonafede, circa le voci strane di inchieste affossate o ostacolate nella procura cosentina e chiedono addirittura  l’invio immediato di uomini del ministero . Nello specifico  i deputati Cinquestelle precisano quindi «di aver segnalato al ministro le informazioni diffuse, in merito a quanto successo all’interno della procura cosentina su inchieste che coinvolgono la pubblica amministrazione, insieme ad alcune indagini finite nel nulla. Queste notizie, oramai di dominio pubblico, gettano discredito – continuano i Cinquestelle – sul funzionamento della procura del Tribunale di Cosenza.

In qualità di consigliere comunale della Lega nella città di  Cosenza, in una lettera inviata all’On. Domenico Furgiuele segretario regionale della Lega Calabrese, al ministro della Giustizia On. Avv. Alfonso Bonafede e al sottosegretario della Giustizia On.  Avv. Jacopo Morrone, ho richiesto un incontro per discutere della  situazione relativa al tribunale di Cosenza.

In primo luogo non si comprende da quale mezzo d’informazione locale provengano tali notizie, ma poi soprattutto vorrei portare alcuni elementi utili alla discussione sul piano giuridico, rispetto alle valutazioni approssimative e generiche che invocano la presenza di ispettori dell’ufficio  contenzioso e disciplina “magistrati” di Via Arenula .

Ricordo a me stesso e agli alleati del movimento cinquestelle sul piano nazionale, dove esistono varie anime, comprese quelle che non appartengono al giustizialismo di un noto senatore cosentino, notoriamente vicino alle posizioni del magistrato leader della corrente autonomia e indipendenza, alcuni principi giuridici .

I principi fondamentali delle garanzie costituzionali, della civiltà del processo penale sono stati “ aggirati” con una costante interpretazione riduttiva degli effetti: calpestati e sostituiti con il mito dell’efficacia. Efficacia di “lotta”, capacità di danneggiare il “nemico”, anche a costo di non risparmiare gli innocenti e i loro diritti .

Da consigliere comunale della Lega, rilevo che nella città di Cosenza non si puo’ istituzionalizzare il  pettegolezzo e dare rilevanza ad  una giustizia del sospetto, attraverso l’uso di giornali online, ampiamente conosciuti in città e che vengono utilizzati per aprire inchieste giudiziarie ed avviare indagini .

Ritengo invece che i parlamentari della maggioranza si debbano impegnare sulla effettiva realizzazione della separazione delle carriere e sul giusto processo .

    Il consigliere comunale

         Città di Cosenza

                 Lega

      Vincenzo Granata

Cosenza 21.07.2018

Legalità Democratica : Siamo diversi dal sen. Nicola Morra e dal suo amico Davigo .

Intervento del sen. Nicola Morra

Legalità Democratica : Siamo diversi dal sen. Nicola Morra e dal suo amico Davigo .
Se si scardina l’equilibrio tra i poteri e la politica mette le mani sulla giustizia, ogni arbitrio è possibile».

Relativamente alle dichiarazioni del sen. Nicola Morra, sull’esaltazione di Piercamillo Davigo, sulla schiena dritta e sull’esaltazione del giustizialismo, mi preme fare alcune considerazioni :
Ormai è fatto notorio delle frequentazioni assidue del sen. Nicola Morra presso il tribunale di Cosenza e anche di una manifestazione organizzata a Cosenza nella città di Cosenza, alla presenza di Davigo e Colombo.
Come movimento Legalità Democratica mi preme fare alcune considerazioni :
Non è la prima volta che il Movimento 5 Stelle accoglie, ricambiato, le simpatie di giudici ed ex giudici. Il precursore era stato, Antonio di Pietro, entrato a far parte della scuderia digitale di Gianroberto Casaleggio agli albori del Movimento. Ma fra i giudici “amici” dei Cinquestelle si annoverano nomi come quello di Piercamillo Davigo, Nino di Matteo, candidato in pectore del Movimento alla carica di ministro della Giustizia o degli Interni, e Sebastiano Ardita, ospite d’onore alla convention grillina di Ivrea la scorsa primavera ed autore, con Davigo, del libro “Giustizialisti.
«L’autonomia dei pm è di fatto sotto attacco. Da essa dipende il funzionamento della democrazia: se si scardina l’equilibrio tra i poteri e la politica mette le mani sulla giustizia, ogni arbitrio è possibile».
Fra i vari quesiti vi era quello riguardante l’attuale sistema di nomina dei capi degli uffici da parte del Consiglio superiore della magistratura. Tema diventato di grande attualità in queste settimane dopo la pubblicazione del libro “Palazzo d’ingiustizia” del giornalista Rai Riccardo Iacona in cui viene descritto un sistema di scelta dei vertici basato sulla lottizzazione più spinta fra le correnti dell’Anm.
La politica deve decidere di mettere in campo la controffensiva. Cioè di varare una riforma seria della giustizia, che ponga fine agli sconfinamenti, che separi le carriere, che rafforzi la responsabilità civile, che limiti fortemente le possibilità di usare il carcere come strumento di indagine o, peggio, di pressione politica e mediatica. Insomma una riforma che riporti i Pm al loro ruolo, liberandoli dalla pulsione all’onnipotenza.

Presidente
Associazione Legalità Democratica
Avv. Maximiliano Granata

06.05.2018

Catania 25 Febbraio 2018. Continua il dibattito nazionale su Giustizia, giustizialismo e garantismo. Tra i relatori l’Avv. Maximiliano Granata

Tra i relatori l’Avv. Maximiliano Granata Presidente dell’Associazione Legalità Democratica .

A CATANIA,presso sala convegni HOTEL MIRAMARE VIALE KENNEDY 42,domenica 25.2.2018,dalle ore 15.00 alle 19,00, CONVEGNO SULLA GIUSTIZIA. Questa Giustizia puo’ colpire anche te

Questo il resoconto del convegno del 21 gennaio 2018, nella città di Messina, dove si è aperto il dibattito nazionale .

Se si vuole far funzionare la Giustizia in questo paese è arrivato il momento di abrogare molte norme ed è necessario un nuovo modello di reclutamento di magistrati. Non ci vogliono giudici che dicono solo di applicare la legge, ma magistrati che hanno equilibro e saggezza e sanno diversificare le decisioni in base ai fatti”. Lo ha detto l’avvocato Giuseppe Lipera, amico di Enzo Tortora, durante la presentazione del convegno “Questa giustizia può colpire anche te. Giustizia, giustizialismo e garantismo” organizzato dall’associazione ‘Solidarietà e Legalità’ al Palacultura di Messina.

Dello stesso parere un atro relatore l’avvocato Maximiliano Granata che ha sottolineato: “Negli ultimi anni abbiamo evidenziato quelle che erano anche le tesi del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte, che spiegava come spesso alcuni Pm diventino dei ‘pavoni’ con la spettacolarizzazione dei processi; sottolineava anche che c’è un sistema dove sulla base solo di indizi si sequestrano patrimoni e si tende a buttare fango su persone attraverso un uso errato dei media, nonostante poi, nella maggior parte dei casi, queste inchieste si concludono già al tribunale del Riesame”.

gianfranco_pensavalliIl giornalista Gianfranco Pensavalli pone l’accento sul mancato intervento di chi potrebbe agire contro le storture della giustizia affermando: “C’e stato di recente il caso di un giudice di Siracusa condannato a pena definitiva di cui non si è quasi parlato sui giornali e contro il quale non ci sono state prese di posizione esemplari, questo perché anche ad alti livelli politici e giudiziari molti personaggi sono ricattabili e questo non permette di far emergere alcuni casi”.

“I problemi dell’amministrazione della giustizia nascono già da una Costituzione non equilibrata – ha aggiunto anche l’imprenditore Francesco Bongiovanni – che da troppo potere alla magistratura, si dovrebbero modificare, così come il Csm e la Corte costituzionale poiché così come sono strutturati c’è sempre il rischio che la giustizia non venga amministrata con equilibrio”.

Lo scrittore Gaetano Imme’ ha spiegato invece come nel suo ultimo libro “Attacco al potere comunista” ci sia stato da parte di alcuni un tentativo di mistificazione della realtà. “Ho cercato – spiega .di ristabilire la verità storica sulla responsabilità della politica di tutti gli schieramenti politici nella connivenza con la criminalità, rimarcando come si sia molto giocato con il ruolo dell’antimafia”.

Infine il presidente dell’associazione Solidarietà e Legalità Carmelo Cascio ha evidenziato: “Nonostante le mie tante denunce su casi concreti di malaffare spesso ho notato come solo pochi magistrati abbiano un vero senso di giustizia, indagando con solerzia e abnegazione, altri pensano di amministrarla con poco impegno non considerando le esigenze e dei cittadini”.

Convegno su Giustizia e giustizialismo a Messina. Prossimo incontro a Catania .

Per una Giustizia Giusta si è già tenuto  nel mese di Settembre 2017 un convegno a Roma, nel mese di Novembre 2017 un convegno a Cosenza. Il manifesto nazionale è “ Questa Giustizia può colpire anche te”.

Seguendo questa linea si è tenuto Sabato 20 gennaio alle ore 15, al Palacultura di Messina in viale Boccetta presso la Sala Palumbo,  un convegno dal tema “Giustizia – Questa Giustizia puo’ colpire anche te”. Nel corso di questa importante iniziativa, sono stati trattati argomenti, sul giustizialismo e garantismo.

Uno dei  relatori l’avvocato Maximiliano Granata ha sottolineato che : “Negli ultimi anni abbiamo evidenziato quelle che erano anche le tesi del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte, che spiegava come spesso alcuni Pm diventino dei ‘pavoni’ con la spettacolarizzazione dei processi; sottolineava anche che c’è un sistema dove sulla base solo di indizi si sequestrano patrimoni e si tende a buttare fango su persone attraverso un uso errato dei media, nonostante poi, nella maggior parte dei casi, queste inchieste si concludono già al tribunale del Riesame e nella fase delle indagini preliminari o al massimo in primo grado . I lavori sono stati coordinati dall’imprenditore Francesco Bongiovanni e sono intervenuti l’ Avv. Mauro Mellini già componente del Consiglio Superiore della Magistratura, l’Avv. Giuseppe Lipera, l’Avv. Baldassare Lauria, il Dr. Gaetano Immè storico e scrittore, Gianfranco Pensavalli giornalista, gli imprenditori Massimo Niceta e Pietro Cavallotti  e l’Ing. Carmelo Cascio presidente Associazione Solidarietà e Legalità .

Alla fine della manifestazione di Messina gli amici di Catania si renderanno promotori di un altro convegno dove individueremo le proposte da portare avanti per la crescita del nostro movimento.