Alla Raggi scampata all’abuso dell’abuso d’ufficio

 

Alla Raggi scampata all’abuso dell’abuso d’ufficio

di Mauro Mellini

Assolta Virginia Raggi, sindaca di Roma, imputata del solito “abuso d’ufficio” che, in mancanza d’altro, i magistrati prevaricatori, quelli del loro partito, la loro “giurisprudenza”, distorcendo e strumentalizzando la distorsione del relativo articolo del codice penale, forti, talvolta della loro ignoranza, altre volte della loro raffinata disinvoltura, usano oramai come arma di sconvolgimento del sistema dei poteri per sostituirsi al potere esecutivo (quando non per procurarsene il necessario elettorato) e, soprattutto, quale arma di intimidazione collettiva degli amministratori e dei “politici”.

A tale fine ogni errore, vero o presunto nelle procedure amministrative è “abuso”, reato che, invece, esige nella sua retta applicazione un duplice intento doloso. Oramai allo squadrismo giudiziario dei magistrati, particolarmente di quelle forti più della loro ignoranza che del loro sapere, non è necessario che, poi, si arrivi ad una condanna, nemmeno non definitiva, e nemmeno ad un rinvio a giudizio. Nella strategia del Partito dei Magistrati ciò che conta è imporre la paura “el miedo” come dice sempre il mio amico Maximiliano. Né importa colpire chi, comunque si è reso responsabile di qualche malefatta.

Come dicevano i generali francesi nel 1917 bisogna “fucilarne alcuni per incoraggiarli (cioè terrorizzarli) tutti”. Né importa che si colpisce il sindaco, il consigliere, l’assessore del partito più odiato e temuto dalle “Toghe”. Tutto fa brodo, la paura si espande senza limiti di partito. Virginia Raggi, appena eletta, dopo aver messo il figlioletto sul suo banco di sindaco (purtroppo togliendolo subito dopo) ne ha commesse di tutti i colori. Ma proprio per questo non ha “abusato”. Ha dato, piuttosto un primo segnale delle incapacità dell’antipolitica di sostituirsi alla politica. Ed ebbe numerosi cedimenti all’ambiente di sfruttamento che circonda non le etichette della politica e dell’antipolitica, ma il potere e la capacità o incapacità di chi la esercita.

Io non so se Virginia Raggi sarebbe stata assolta se fosse stata, che so, di Forza Italia, del Partito Democratico o chi sa cos’altro. Né da questo dipende la gravità del fatto. E, oggi, di fronte al suo caso, alla sua assoluzione (come, eventualmente, alla sua condanna) poco importa che il suo partito sia parte integrante, braccio secolare di quel turpe sistema inquisitorio. Le vittime dell’ingiustizia sono sempre tali, anche quando sono dalla parte del sistema ingiusto. Congratulazioni Virginia! Cerca di capire questo mio discorso.

Granata(Legalità Democratica)-Inchiesta affare stadio Roma: parlare di “associazione a delinquere” è, a dir poco, erroneo e allarmante.

Maximiliano Granata e Mauro Mellini

Condivido pienamente le tesi sostenute dall’ Avv. Mauro Mellini, già componente del Consiglio Superiore della Magistratura .

” E veniamo al fatto del giorno. La brutta piega che sta prendendo per la sindachetta Virginia Raggi l’affare dello stadio della Roma. Vi sono  indubbiamente aspetti nuovi della questione che ancor più evidenziano la sciagurata pochezza della maggioranza capitolina e la sua inadeguatezza ad affrontare il caos stagionato e tenace dell’amministrazione della Capitale.  Ma, intanto, una cosa vorrei sottolineare. Il fatto, di una gravità che non sfugge a nessuno per la valutazione dell’essenza del Movimento di Casaleggio (quello che avrebbe “imposto alla poverina di nominare Luca Lanzalone…). Ma, ancora una volta, la chiave di un avvenimento che potrebbe avere conseguenze incalcolabili sulla situazione politica è nelle mani dei magistrati.

Non starò a ripetere la litania, tale finita per diventare per l’uso ipocrito e strumentale, che ne fanno quelli che meno ne avrebbero il diritto: “aspettiamo di vedere come realmente stanno le cose”. Una cosa mi pare certa. La magistratura ancora una volta è “andata giù” sembrando decisa a “gonfiare il caso”.

Non conosco gli atti (ovviamente) né sono nel pieno di una mia attività professionale e scientifica che mi autorizzi a dispensare lezioni di diritto anche in questo rigoglio di asinità, ma, ad esempio, la contestazione della “associazione a delinquere” alle persone coinvolte (e a quelle coinvolgibili) dell’affare dello stadio risponde più a una convinzione politica di fondo che a una chiara visione della norma penale. Proprio perché è relativa “all’affare stadio”. Non basta che sussista una pur vasta e ben intrecciata concorrenza di reati plurimi (di corruzione). Per aversi “associazione a delinquere” occorre che il vincolo associativo, l’“affectio societatis” siano relativi a una serie indeterminata di reati. Se questi sono tutti “strumentali” per un affare specifico con la Pubblica amministrazione, parlare di “associazione a delinquere” è, a dir poco, erroneo e allarmante.

Di tutta la vicenda e in particolare della posizione della Raggi, estranea ai reati, ma non agli aspetti squalificanti dell’imbroglio, il fatto più grave è proprio la giustificazione che la poveretta ha addotto: “Me lo hanno imposto”. È la logica della politica, della cattiva politica. Benedetto Croce scriveva che l’uomo politico “onesto” è quello che fa buona politica e buona amministrazione e governa bene. Non rifarò il discorso del “partito degli onesti”. Ma aggiungerò che la cultura “telematica”, la negazione della necessità delle professionalità della politica e della Pubblica amministrazione, mentre sono espressioni di cattiva (e ipocrita) politica, sono fornite di disonestà, di corruzione. Detto tutto questo non posso certamente farmi delle illusioni. Spero che gli altri possano vedere qualcosa di meglio. E sappiano farlo.

E intanto aggiungo alle considerazioni di Giuliano Ferrara e a quelle su quanto da lui sostenuto, dei giudizi sulle parti politiche per il loro essere e per il loro fare, che assai facilmente ci si trova di fronte a panorami non diversi e a dover emettere giudizi non diversi. In parola povere, anzi poverissime, ogni limone alla fine dà il succo che ha in sé oppure: non si cava il sangue dalle rape.”

Il Presidente

Associazione Legalità Democratica

Avv.  Maximiliano Granata