Ieri ed oggi, il Presidente dei senatori della “Sanità”

Lettera aperta di Maximiliano Granata al “ Presidente dei senatori della Sanità”

“D’ordine di Monsignor Illustrissimo Presidente dei senatori della sanità è proibito ad ogni persona di fare in questo luogo la cura delle persone di razza plebea, ma che dovevano essere prioritariamente appartenenti alla casta dei senatori o loro familiari.”

Al centro di Roma, nei vicoli della città vecchia si leggono molte lapidi rimaste lì da secoli. Quasi nessuno, se non, magari, un erudito turista straniero, più le legge. Sono pezzi di muro. Ma questa storia del Presidente dei senatori e delle sue disposizioni sul “non fare la cura dei cittadini appartenenti alla plebe  (che, implicitamente autorizzavano a farlo un po’ più in là) mi ha sempre incuriosito.

Che c’entrava il Presidente dei senatori con il modo di gestire la salute dei cittadini ? E che il Presidente avesse il compito di stabilire chi curare e chi non curare, mi sembrava assurda, incomprensibile.

Poi, studiando un po’ di storia del diritto, venni a sapere che la distinzione tra potere politico e potere amministrativo era stata introdotta dall’Illusionismo e, poi dalle legislazioni moderne, da quella “unitaria”. Così era finita, relegata in un passato di confusione dei poteri e di illimitatezza del potere, la cura della sanità (si fa per dire) da parte, nientemeno, dei senatori della repubblica.

C’è in corso un indiscutibile ritorno alla mancanza di distinzione e separazione dei poteri. Se il giurista “curialista” Odofredo sentenziava “Dominus Papa, ratione peccati intromittit se de omnibus” (il Signor Papa, con la scusa del peccato si impiccia di tutto) oggi “Quisque togatus, ratione criminus et praventiosis”, e per salvarci dalla corruzione e dagli abusi, “si impiccia di tutto”. La loro intromissione in questo difficile problema di tutte le amministrazioni locali avviene, infatti “ratione peccati”, cioè “ratione criminus”. Per pulire le Città e occuparsi di sanità ci vogliono buone incriminazioni. Ma la storia, talvolta, pare andare a ritroso. Cosi vanno le cose, cioè non vanno . Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata.

Ripresa, rilancio, anzi no: convivenza con il virus, “Pedro, adelante con juicio”.

Non posso che ricordare il mio grande amico e mentore Mauro Mellini e rievocare il suo pensiero.

Ricordate gli avvertimenti al cocchiere del governatore di Milano circondato da una folla in tumulto di cui parla Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi? “Pedro, adelante con juicio”. Togliete ogni riferimento al “juicio”, che di giudizio pare che ve ne sia in giro molta scarsità, ed avete il comportamento di Giuseppe Conte e poi di Draghi che prevede, ordina e dispone la ripresa e poi è lui a dirci che dobbiamo abituarci all’idea di convivere con il virus. L’altra settimana eravamo fuori dall’epidemia, oggi l’affrontiamo e ci siamo dentro. L’altra settimana le cosiddette misure antivirus, gli “arresti domiciliari” cui siamo tutti condannati sembravano finiti, oggi si discute quali siano i casi in cui è ammesso allontanarsi da casa.

Quando finirà non si sa. Il fatto è che una delle più terribili prove cui un Paese possa essere portato ad affrontare le dobbiamo superare sotto la guida di saltimbanchi di governanti che tutto promettono e nulla sanno realizzare. Rilancio, ripresa! Già non se ne parla più. Si parla di una “Fase 2” di una “Fase 3” che poi man mano viene fuori che è una “Fase 1” in mezzo a uno tre quarti. Ieri, un po’ per scherzarci sopra, un po’ per rappresentare l’estrema varietà delle questioni cui stiamo andando incontro, ho voluto dire qualcosa della prostituzione e delle prostitute di strada. Della loro scomparsa dai viali della periferia e dei problemi per il loro riapparire.

Oggi mi accorgo di aver avuto il cattivo gusto di scherzare col fuoco se non avremo istruzioni sull’uso della mascherina nel mercato del sesso abbiamo le controversie su ciò che significa “congiunti”. Viene fuori che congiunti sono anche i fidanzati. Giusto che non si proibisca che si incontrino, ma non è detto che debbano congiungersi. Il guaio è che ci troviamo ad affrontare una delle peggiori vicende della vita dello Stato italiano con il più incredibile dei governi. Intanto la data del 6 Aprile non significherà più nulla o assai poco. Magari solo il tentativo di specificare e regolare ciò che nella vita di ogni giorno difficilissima è ogni forma di previsione e di regolamentazione.

Figuriamoci l’idea di fondare su certe percezioni balzane la ripresa della vita normale. C’è poi da aggiungere che non sembra che chi dovrebbe si renda conto della connessione e dipendenza della possibilità di ripresa economica a quella degli altri Paesi d’Europa e del mondo. Che possa riprendersi l’economia italiana quando negli Stati Uniti siamo ancora a quella che adesso si chiama la “Fase 1” “Fase 2” “Fase 3” e “il morbo infuria”, è ben difficile e pare che questi signori che siedono oggi nei palazzi del Governo in Italia, ben poco chiare abbiano le idee su quelle che sono le interconnessioni dell’economia mondiale. Si piange all’idea dei ragazzi cui si impone di marinare la scuola ma al contempo non pare che si sia mosso un dito per evitare questa ulteriore iattura.

Si capisce, certa gente nelle cui mani è il nostro presente e forse il nostro avvenire con scuola, istruzione, cultura, ben poco hanno a che fare e probabilmente si innervosiscono al solo fatto che se ne parli. Intanto dobbiamo sopportare questa “Fase 2” “Fase 3” che non è, lo dicevamo, che una “Fase 1” e qualche decimale. Così si aspetta che finisca l’infuriare del virus. Chi vivrà, perché certamente qualcuno sopravviverà vedrà. Non sarà un bel vedere.

 

Caro Mauro, mi hai lasciato l’arte dell’ironia e che io rievoco ogni giorno, pensando alle nostre discussioni che mi mancano molto .

Sono sicuro che di fronte ad un bel tramonto estivo ci saremo messi a sorridere con la solita mia frase e io in questa circostanza ti avrei detto

“Pedro, adelante con juicio”.

Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata.

Granata(Legalità Democratica):Dobbiamo dare forma concreta a Cosenza città metropolitana, per farla diventare la seconda città della Calabria.

Tanti municipi ma una sola anima. È questo lo scenario che accompagna da decenni il dibattito sull’area urbana cosentina, tematica sulla quale si sono consumate e si consumano tuttora battaglie politiche e intere campagne elettorali. Finora, però, a regnare sovrana è stata soprattutto la mancata unione. Eppure, ciò che ancora veramente manca a un’area urbana dai più percepita come un organismo complesso e policentrico sono servizi pubblici integrati a beneficio della cittadinanza: dai trasporti alla sanità, dall’offerta culturale fino alla gestione dei rifiuti.

Infatti, la nuova città Cosenza-Castrolibero-Rende alla conta della popolazione avrebbe 115.000 abitanti diventando la seconda città della Calabria, dietro a Reggio Calabria (182.500 abitanti) e davanti a Catanzaro (90.300 abitanti) e a Corigliano-Rossano con i suoi 77.500 residenti. E’ finito il tempo dei proclami, dobbiamo dare forma concreta alla Grande Cosenza e costruire Cosenza città metropolitana . Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata.

Granata(Legalità Democratica):Nicola Morra,Senatore? No! Vaccinatore della Repubblica.

Da quello che  leggiamo su alcuni giornali sulla sfuriata di Nicola Morra per far vaccinare i suoceri,  e che qui si riporta integralmente:

“Anche perché viene il dubbio principale. Morra non è andato lì per verificare il funzionamento o meno della macchina sanitaria, ma per i suoi suoceri. E ci si chiede se ci sarebbe andato lo stesso per persone non legate a lui da parentela.”

“Vorremmo sapere se è vero che la sua scorta si è messa a chiedere documenti alle persone nella struttura. Perché se fosse vero sarebbe gravissimo e meriterebbe una richiesta di spiegazioni dalla catena di comando ministeriale.”

Questa lettura rievocano in me le parole del mio amico e mentore Mauro Mellini, che aveva già individuato il personaggio politico, individuandolo come delatore per i fatti noti avvenuti in questi anni, cosi scriveva di lui:

“Ma altro che portieri-delatori! Abbiamo oggi i Senatori-Delatori, anzi, ad essere più chiari ed espliciti gli “On. Delatori della Repubblica”.
Leggevo la copia di una denunzia del suddetto Prof. Sen. Morra: “Il sottoscritto Nicola Morra, nella sua qualità di Senatore della Repubblica, espone alla Signora vostra, per l’ipotesi che i fatti in questione possono costituire reato etc. etc.”.
Nella qualità di Senatore! Ecco per lui la funzione del Senatore: “ti dico questi fatti e pensaci tu a tirarne fuori un buon sugo di incriminazioni e di sputtanamento”.
Sputtanamento che non è mai mancato in danno di persone denunziate dal Nostro On. Delatore della Repubblica.
Avrei voluto che l’esperienza ed il senso di responsabilità e di stile del Prof. Morra, una volta eletto Senatore, gli facesse abbandonare certi vizietti che tanto hanno a che vedere con la delazione. Ma il lupo cambia il pelo e quel che segue.
Senatore? No! Delatore della Repubblica.” Adesso ha assunto anche un altro ruolo e per questo io aggiungerei, Senatore? No ! Vaccinatore della Repubblica.”

Ritengo che Nicola Morra, per il ruolo pubblico che ricopre, e i componenti della sua scorta debbano chiarire pubblicamente quanto avvenuto negli uffici dell’ASP di Cosenza, in località Serra Spiga . Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata .

Granata(Legalità Democratica):Nicola Morra irrompe all’Asp di Serra Spiga, si deve essere sentito un eroe. Un eccellente risultato nella storia dell’Antimafia.

Avv. Maximiliano Granata (Legalità Democratica)

Senatore, è parola che nei secoli ha avuto significati diversi, denominazioni di stati sociali, di funzioni collettive, di cariche individuali (senza o quasi, funzioni). Senatore della Roma Repubblicana, Senatore di Roma (che organizzava le corse dei “berberi”, cavalli senza cavaliere al Corso e riceveva dalla Comunità Ebraica l’omaggio del palio da conferire al vincitore, ripagandolo con un calcio di sprezzo.

Senatori del Regno. Molte prerogative e molta autorevolezza ma scarso potere. E, poi Senatori della Repubblica.
Componenti della “Camera Alta” che, nella versione Italiana odierna più alta dell’altra non è, e che molti vorrebbero abolire. O, come cercò di fare Renzi, di affogarla in una gran pasticcio.
Ma c’è chi del Senato e della carica di Senatore ha una visione tutta particolare, al punto da ritenere di doverla esibire per esporre alla Procura della Repubblica denunzie di delitti o sospetti ed indizi di malefatte più o meno delittuose e più o meno non concepibili.

Nicola Morra ha passato, si direbbe, più tempo nella prima legislatura in cui fu eletto Senatore del Movimento 5 Stelle, a redigere denunzie di fatti da lui ritenuti veri e delittuosi e di sospetti ed indizi di essi e ciò qualificandosi: “il sottoscritto………nella sua qualità di Senatore della Repubblica”, piuttosto che a discutere leggi e provvedimenti.

Nella funzione di Senatore non c’è, però quella di raccogliere prove e voci o sospetti di delitti.
Ma ci sono sempre interpretazioni personali del proprio ruolo. Nicola Morra, benché professore, non pare facesse troppa distinzione tra Senatore e Delatore (brutta parola, malgrado l’assonanza con la carica illustre).
Denunzia oggi sospetta domani. Nicola Morra deve essersi fatto una cultura, per quanto molto personale, in fatto di crimini di organizzazioni criminali e di cose ritenute tali. Questa sua vocazione o aspirazione è stata accontentata nella ulteriore legislatura in cui è stato rieletto Senatore. E’ stato, infatti nominato Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, posto lasciato libero nientemeno che da Rosy Bindi che non è tornata in Parlamento.

Nicola Morra, poteva considerarsi l’uomo simbolo di un rapporto di solidarietà e quasi di reciproca integrazione tra Movimento Cinque Stelle e Magistratura o per dire meglio “Partito dei Magistrati”, quella parte di essa che costituisce veramente un partito forte e, soprattutto,temuto.
L’uomo giusto al posto giusto. Tutto sta nell’intendersi sul significato di giustizia.
Non credo che le cose siano andate ugualmente bene al Senatore Antimafioso nel suo Collegio in Calabria.

Questa mattina di buon ora alle ore 8.41 su alcuni organi di informazione mi appresto a leggere il titolo di un articolo “Cosenza, Nicola Morra irrompe all’Asp di Serra Spiga e se la prende con tutti”, Parole di fuoco per i dirigenti del Dipartimento di prevenzione ai quali gli agenti della scorta chiedono anche i documenti. E uno di loro accusa un malore.

Nicola Morra si deve essere sentito un eroe, nella sua visita inattesa e particolarmente turbolenta presso gli uffici dell’ASP di Cosenza, cosa che ” rientra  nella funzione e nella storia dell’Antimafia”(Sic !), per dirla come il mio grande amico e mentore Mauro Mellini, che utilizzava l’arte dell’ironia.

Ma questo è l’andazzo delle cose. Questa la vocazione (e l’utilizzazione della vocazione) della crema dei nostri Uomini Politici (e, soprattutto, Antipolitici).

Dopo essere uscito per i fatti noti dal gruppo del senato, è chiaro che con questo la carriera parlamentare del Senatore-Delatore è finita. Se non va a trovarsi (tutto è possibile) un altro partito.

Così vanno le cose. Cioè non vanno. Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata.

 

Avv. Maximiliano Granata (Legalità Democratica): Calabria Presadiretta, l’illusione del garantismo e l’ometto strambo di Mauro Mellini.

Avv. Maximiliano Granata e l’On. Mauro Mellini

Dopo le dichiarazioni di Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, che è il primo a puntare il dito contro Iacona, sulla trasmissione Presadiretta, «È stato usato a piacimento il materiale investigativo, i filmati, le intercettazioni, senza contraddittorio, in relazione a un processo penale che non è ancora nemmeno cominciato e a un’indagine nella quale sono state già annullate 140 delle 300 misure cautelari irrogate. È una vergogna, è uno scandalo ed è la cifra del giornalismo italiano». Mi preme fare alcune considerazioni.

Il mio amico è mentore Mauro Mellini, me l’ha raccontava spesso nei nostri periodi estivi trascorsi insieme, di fronte i bellissimi tramonti estivi della costa calabrese, nella località di Belvedere Marittimo. La storia di un ometto strambo, impazzito e ridotto in miseria dopo che il patrimonio della moglie, una ricca ereditiera tedesca, era stato confiscato dal governo del kaiser durante la Grande guerra.

Mauro lo conobbe negli anni Cinquanta: “Era un avvocato, ma si era ridotto a vivere come un barbone, dormendo nei vagoni letto alla stazione Termini. Durante l’occupazione nazista, conoscendo benissimo il tedesco, si presentò a fare il difensore davanti al Tribunale di guerra installato all’Hotel Flora in via Veneto. Qualcuno raccontava che avesse fatto delle dotte arringhe per chiedere che i suoi (si fa per dire) difesi fossero fucilati nel petto anziché nella schiena. Tanto i ‘clienti’ il tedesco non lo capivano”.

Ecco, mi disse Mauro, questa è la storia da tenere a mente tutte le volte che si sente invocare, in condizioni come le nostre, più garantismo: “Voler porre la questione del garantismo davanti a tribunali obbedienti alla logica del partito dei magistrati equivale, più o meno, a prodigarsi in arringhe come quelle compitamente pronunziate dal poveretto”. Beccarsi una pallottola nel petto: se non proprio a questo, a poco più si riducono le aspirazioni di qualche benintenzionato. Di disarmare il plotone non se ne parla neppure più, anzi negli ultimi anni, con il giustizialismo dei pentastelluti, si sta facendo di tutto per rifornire il suo arsenale.

L’illusione del garantismo,l’illusione di poter negoziare qualcosa di meglio di una pallottola in petto, fa ritornare in mente  l’ometto strambo di Mellini. Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata .

Avv. Mauro Mellini

Regionali, caro Carlo Tansi il destino dei calabresi lo decidono i calabresi, non siamo una colonia napoletana.

De Magistris ha perso completamente il sostegno dei suoi concittadini. A decretare un tale fallimento, nel comune di Napoli, è certamente la scarsa qualità dei servizi: dai trasporti pubblici alla raccolta differenziata. Le società partecipate sono in deficit, il Comune spende 130 euro a tonnellate per trasportare i rifiuti in Olanda e le tasse comunali hanno raggiunto i livelli massimi. “Un fallimento totale“. Ai tempi di Jervolino in una città di un milione di abitanti circolavano 600 bus, oggi ne girano poco meno di 100. Oggi i napoletani attendono un’ora e venti alla fermata dell’autobus”. Infine Luigi De Magistris, primo cittadino di Napoli finisce il suo mandato lasciando un buco di bilancio di 2,7 miliardi di euro. La Calabria ha bisogno di un Sindaco della Calabria e non di un Sindaco napoletano che non conosce assolutamente i problemi della nostra regione. Molti sostenitori e candidati alle ultime elezioni regionali hanno abbandonato il movimento di Carlo Tansi che oramai è in caduta libera. Vorrei ricordare a Carlo Tansi, che in fondo mi fa tenerezza, perché non riesce a comprendere le dinamiche politiche calabresi, il destino dei calabresi lo decidono i calabresi e noi non siamo una colonia napoletana. Noi siamo un’altra storia. Lo dichiara il presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata .

Avv. Maximiliano Granata(Legalità Democratica).De Magistris non conosce i problemi della Calabria, non siamo una colonia di Napoli.

Le mie opinioni sul partito dei magistrati sono note a tutti. Io non sono mai stato e non sarò mai un giustizialista e non ho grande considerazione dei magistrati da un punto di vista amministrativo, specialmente per chi viene da fuori regione e non conosce assolutamente i suoi  problemi . Al di là dell’appartenenza politica, gli artefici del proprio destino siamo noi , che siamo validi amministratori e lo abbiamo dimostrato sul campo. Rifletto spesso su alcune riflessioni del mio mentore Mauro Mellini quando dichiarava “Quell’altra parte, ancora minoritaria, della magistratura “scalpitante”, degli assatanati antimafia e anticorruzione in cerca di popolarità populista in funzione dei suoi miraggi elettorali è anch’essa “Partito dei Magistrati”. Direi che è la “corrente della scorciatoia” di tale partito. La più visibile, oramai, credo persino da Berlusconi. E dai Sabino Cassese. Meglio di niente (per ciò che riguarda la capacità di rendersene conto, non certo per l’esistenza stessa di tale corrente).Ma per chi voglia difendersi dall’invadenza delle toghe, se è ridicolo chiudere gli occhi di fronte ad un Di Matteo, a un Grasso, a un de Magistris, a un Emiliano etc. non è certo sufficiente che taluno li apra solo per fare i conti di quanti sono i magistrati italiani “fuori ruolo” (e magari “fuori binario”) per incarichi “politici” e, magari, per discutere se possano pretendere o non di “rientrare” a fare il loro mestiere. Occorre, certo, guardare alla punta dell’iceberg, a patto di non ignorare che la gran parte del ghiaccio (o della melma) è sotto l’acqua del mare. Con Mauro Mellini ci saremo messi a sorridere di fronte al pensiero nel vedere qualche amministratore colonizzato dal partito dei magistrati. Le idee di Mauro camminano sulle nostre gambe e su questo interverremo in campagna elettorale. Se si perdesse un po’ di tempo a riprendere, commentare, illustrare, catalogare tutte le baggianate dei populisti giustizialisti (e, in fatto di giustizia, quelle di certi magistrati ) se ne potrebbe fare un libro, a metà strada dal libro dell’orrore ed il libro umoristico.
Ma, poverini, sono ignoranti e cretini. Meritano un premio di “comprensione”.
Ecco il “premio di maggioranza” cui nemmeno Leonardo Sciascia aveva pensato. Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata .

Caso Francesco Talarico:Avv. Maximiliano Granata,la misura cautelare preventiva non da alcuna certezza di colpevolezza.

Il caso dell’arresto dell’Assessore Regionale Francesco Talarico, mi sollecita a fare alcune considerazioni:

Per colpire la criminalità, piuttosto che la esecuzione delle pene sempre tarda ed incerta, vengono invece usati strumenti concepiti per un fine ben diverso. Il mandato di cattura e la carcerazione preventiva, che dovrebbero servire ad impedire che l’imputato se la batta, diventano il mezzo per anticipare la pena altrimenti troppo lenta a colpire il reato. Nelle carceri italiane i due terzi dei detenuti sono in attesa del giudizio. Si tratta di persone che la legge considera innocenti, finché non intervenga la loro condanna definitiva, che spesso per altro non interviene mai, perché sono innocenti e tali vengono alla fine riconosciuti, o perché, magari, interviene una amnistia.La punizione dei reati è dunque affidata, anziché alla certezza della colpevolezza stabilita con una sentenza, alla probabilità della colpevolezza, valutata discrezionalmente da che emette un mandato di cattura preventiva. O, addirittura, in caso di mandato di cattura obbligatorio, la pena preventiva consegue automaticamente ad una qualsiasi accusa.

Ed è potere che spetta ai “capi” degli uffici, ai procuratori della repubblica, che, ovviamente, trovano il modo di rendere sempre più incisiva questa loro funzione.

Ed ovviamente, l’importanza sempre maggiore che assumono nell’esercizio effettivo della funzione punitiva, anziché in quella loro propria e legittima, provvedimenti discrezionali come quelli relativi alla detenzione preventiva dell’imputato, ingigantisce la preminenza del potere di certi magistrati di prima categoria rispetto a quello dei loro colleghi di seconda o di terza.

Per anni la battaglia contro queste leggi e contro questo tipo di giustizia è stata condotta quasi esclusivamente nelle aule giudiziarie, portando alla Corte Costituzionale un certo numero di norme marcatamente fasciste.

Ed alla Corte Costituzionale, anziché al Parlamento, va il merito di aver realizzato quel poco che è stato ottenuto per l’adeguamento della legislazione ordinaria ai principi della Costituzione.

Conquiste certo importantissime che, oltre tutto, hanno costituito un punto di riferimento per quanti hanno voluto continuare a battersi su questo fronte; ma che tuttavia non hanno potuto intaccare seriamente gli strumenti di forza del regime, congegnati, appunto, per vanificare ogni garanzia legale del cittadino attraverso la vanificazione di ogni pratica possibilità di rendere giustizia.

Non diciamo altro che: continueremo finché avremo fiato e forza per farlo.

Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata .

Dopo il caso Tallini, basta con gli atti di terrorismo giudiziario. Non possiamo tollerare l’intollerabile.

Domenico Tallini è tornato in libertà, dopo che il Tribunale del Riesame ha annullato l’ordinanza con la quale il 19 novembre scorso il Gip aveva disposto l’arresto ai domiciliari dell’ex presidente del Consiglio Regionale della Calabria, coinvolto nell’inchiesta “FarmaBusiness” della Dda di Catanzaro che ha fatto luce sugli interessi della cosca Grande Aracri di Cutro intorno a una società finalizzata alla distribuzione di prodotti medicinali. L’Associazione Legalità Democratica si era già pronunciata sul caso Tallini ed io avevo dichiarato  il 20 Novembre 2020 che non ci saremo  mai arresi a questa idea incivile della misura cautelare preventiva .Ed ovviamente, l’importanza sempre maggiore che assumono nell’esercizio effettivo della funzione punitiva, anziché in quella loro propria e legittima, provvedimenti discrezionali come quelli relativi alla detenzione preventiva dell’imputato, ingigantisce la preminenza del potere di certi magistrati di prima categoria rispetto a quello dei loro colleghi di seconda o di terza. Ed è potere che spetta ai “capi” degli uffici, ai procuratori della repubblica, che, ovviamente, trovano il modo di rendere sempre più incisiva questa loro funzione. Oramai in Calabria con i classici “sufficienti indizi” si intercetta, confisca e arresta. Questa nuova tendenza o frazione della magistratura sembra, si proponga un unico obiettivo: quello di terrorizzare chiunque eserciti una pubblica funzione: Sindaci, assessori, deputati, amministratori comunali e regionali e di enti vari, funzionari di ogni livello e ciò arrestandone alcuni non per “incoraggiare tutti gli altri” come dicevano i generali francesi(e non solo) che ordinavano le fucilazioni per decimazione, ma per intimidire, rendere malleabili incapaci di ogni resistenza alle intromissioni ed ai voleri e metodi della “casta togata” , l’intera classe politica. Non si tratta di errori giudiziari e neppure di tentativi di imbastire annose persecuzioni. “Fare assaggiare “ il carcere ai politici in quanto tali, tanto piu’ se onesti e diligenti, per creare sgomento in tutta la classe politica, cosi da renderla duttile e ubbidiente, colpire nel mucchio. Non si tratta più di perseguitare alcune persone o magari interi partiti, ma una intera categoria l’ossatura stessa della nazione. E’ questo tipico terrorismo. Il fatto in sè è di una gravità enorme, ma ancora più grave è, a nostro avviso, che a degli autentici terroristi, ancorchè  togati, si voglia riconoscere la garanzia dell’indipendenza e della pratica incensurabilità e irresponsabilità che sono è debbono essere, semmai,  prerogative dei magistrati degni di questa altissima funzione. Né si dica che le scarcerazioni a seguito di Riesame, di questi amministratori arrestati per decimazione siano la prova che la giustizia funziona. Applicare ed invocare il principio dell’indipendenza e della incensurabilità ad atti di autentico terrorismo giudiziario e’ una forma di complicità o, almeno, di connivenza che non fa che screditare l’intera magistratura e danneggiare persino quella sua deformazione in se allarmante, che è il sopravvenire di un partito dei magistrati. Si aggiunga che “ volentieri si presta a chi molto possiede”. Non è da meravigliarsi se in ambienti e sedi giudiziari in cui si verificano certe enormità, vengano fuori e corrano velocemente tra il pubblico voci di complotti addirittura preventivi per dissuadere potenziali candidati in elezioni regionali, che abbiano buone prospettive di successo. Qualcosa come azzoppare nelle scuderie i cavalli all’ippodromo prima di procedere alle scommesse sull’esito della corsa. Liberarci di tutto ciò, volere denunciate e represse certe nefandezze, neutralizzati e sanzionati certi malfattori è necessità vitale per l’intero Paese e non solo per le località dove si abbiano a lamentare cose del genere. Non stare a guardare, non tollerare l’intollerabile. Questo deve essere l’impegno di tutti i cittadini onesti e l’unico modo per sfuggire alla morsa delle intimidazioni e delle costrizioni. Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Legalità Democratica Avv. Maximiliano Granata.