Incredibile ! Occhiuto sarebbe un truffatore. Ma basta ! Fatelo lavorare !

Mario Occhiuto

Incredibile ! Occhiuto sarebbe un truffatore . Ma basta ! Fatelo lavorare !

Le indagini a carico di Mario Occhiuto sul caso Cirò inducono alcune immediate brevi riflessioni :

Nel nostro paese è scarsa la letteratura sulla patologia giudiziaria. Una scarsezza che può apparire, quando non ne è sconcia copertura, in contrasto con la gravità del deterioramento del diritto e della sua realizzazione con la funzione giudiziaria . Non pretendo qui riassumere quelli che sono stati i tentativi con cui, pur nell’inadeguatezza delle capacità professionali di illustri giuristi, si è cercato di aprire un discorso di studio e del diritto sotto il profilo della loro dilagante patologia . I principi fondamentali delle garanzie costituzionali, della civiltà del processo penale sono stati “aggirati” con una costante interpretazione riduttiva degli effetti: calpestati e sostituiti con il mito dell’efficacia. Efficacia di “lotta”, capacità di danneggiare il “nemico”, anche a costo di non risparmiare gli innocenti ed i loro diritti . Le leggi, nuove leggi, spesso vengono “invocate” dai giudici a sostegno degli abusi di fatto che alcune giurisdizioni praticano già per i loro disegni e “strategie” di lotta . Nel frattempo ho tra le mani un articolo di un quotidiano in cui apprendo di indagini a carico di Mario Occhiuto, reo di aver denunciato e licenziato il suo ex segretario . Incredibile ! Occhiuto sarebbe un truffatore . Ma basta ! Fatelo lavorare !

Il caso Ciro’. Il Tribunale di Cosenza e le frequentazioni del Sen. Nicola Morra.

Il Senatore Nicola Morra e Giuseppe Ciro’

Il caso Ciro’ . Il Tribunale di Cosenza e le frequentazioni del sen. Nicola Morra: la cultura del sospetto è l’anticamera del khomeinismo .

Nel Tribunale di Cosenza da anni ci sono assidue frequentazioni che si intensificano specialmente nel periodo estivo da parte del sen. Nicola Morra , notoriamente vicino alle posizioni del magistrato leader della corrente autonomia e indipendenza –
In questi giorni viene anche notata una presenza assidua presso il tribunale di Cosenza di Giuseppe Ciro’ che per come è noto Mario Occhiuto ha licenziato dal suo ruolo di caposegreteria, e denunciato alla procura della Repubblica, nel mese di marzo 2017 .
Da sette anni Mario Occhiuto governa Cosenza seguendo il principio della trasparenza e correttezza amministrativa, cambiando il volto della città .
Purtroppo i principi fondamentali delle garanzie costituzionali, della civiltà del processo penale sono stati “ aggirati” con una costante interpretazione riduttiva degli effetti: calpestati e sostituiti con il mito dell’efficacia. Efficacia di “lotta”, capacità di danneggiare il “nemico”, anche a costo di non risparmiare gli innocenti e i loro diritti.
Nella città di Cosenza non si puo’ istituzionalizzare il pettegolezzo e dare rilevanza ad una giustizia del sospetto, attraverso l’uso di giornali online, ampiamente conosciuti in città per le reiterate condanne per diffamazione e che vengono utilizzati per aprire inchieste giudiziarie ed avviare indagini per cercare di colpire l’avversario politico .
Gli ultimi eventi cittadini fanno ritornare alla memoria l’ultimo articolo di Mauro Mellini, già componente del CSM, nel suo articolo del 5 Gennaio 2018 che sulle frequentazioni del sen. Nicola Morra cosi scriveva “ Non parliamo poi dei Palazzi di Giustizia, dove, a parte i magistrati e gli avvocati, tanta gente è costretta a recarsi fin troppo spesso ed inutilmente, senza che sia lecito e sensato lambiccarsi il cervello e cercare di lambiccare quello altrui sui motivi di tale frequenza. Questo perché a Cosenza, in Calabria, non c’è (spero che non ci sia) la legge siciliana anticorruzione che affida ai portieri la custodia oltre che dei beni materiali, anche della limpidezza dei rapporti tra cittadini e Pubbliche Amministrazioni. Meno male. Perché altrimenti la frequenza assidua in giornate qualsiasi ed in occasioni speciali di un autorevole personaggio, impreziosito dal laticlavio, il sen. Nicola Morra nei locali del Palazzo di Giustizia, avrebbe dovuto essere oggetto di un circostanziato (si fa per dire) rapporto di uno o più portinai dei vari turni. Ci sono secoli di civiltà giuridica che cozzano contro la convinzione di Davigo e contro una cultura che seppellisce l’approccio del Beccaria e i principi costituzionali ispirati a un rigoroso garantismo. Non accetterò mai l’assunto per cui non esistono cittadini innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti. Perché questa è barbarie, non giustizia. «La cultura del sospetto non è l’anticamera della verità: la cultura del sospetto è l’anticamera del khomeinismo», diceva Giovanni Falcone. Per me sono parole che andrebbero scolpite in ogni tribunale accanto all’espressione «La legge è uguale per tutti».