Rifiuti illeciti sepolti in una cava dismessa in Calabria, 11 arresti

Rifiuti smaltiti illegalmente tra Nord e Sud dell’Italia, riempendo capannoni industriali dismessi al Nord e una cava al Sud. E’ lo scenario di una inchiesta della procura di Milano delegata ai carabinieri Forestali dei gruppi di Milano, Lodi, Pavia, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro che ha smantellato una organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti.

Una misura di custodia cautelare emessa dal gip milanese riguarda 11 indagati, tutti italiani, alcuni dei quali con ruoli nel settore dei rifiuti. Sono state eseguite perquisizioni presso 4 ditte e impianti di trattamento rifiuti nelle province di Como, Trento, Napoli, Catanzaro e sono stati sequestrati 4 automezzi utilizzati per la realizzazione del traffico di rifiuti.  L’indagine è la prosecuzione dell’operazione ‘Fire Starter’ che aveva portato, nell’ottobre di un anno fa, all’arresto di 6 responsabili del traffico di rifiuti riferito al capannone di Corteolona (Pv) e dell’incendio in quella struttura della notte del 3 gennaio 2018. Gli accertamenti sono stati sia di carattere tradizionale che tecnico (intercettazioni telefoniche, telematiche, videoriprese).

La banda che si occupava di questo smaltimento illegale aveva a capo persone di origine calabrese, tutti con numerosi precedenti penali, che, attraverso una complessa struttura fatta di impianti autorizzati complici e trasportatori compiacenti, società fittizie intestate a prestanome e documentazione falsa, gestivano un ingente traffico di rifiuti urbani e industriali provenienti da impianti campani (in perenne condizione di sovraccarico) che, attraverso una vorticosa serie di passaggi tra impianti a volte reali a volte fittizi, finivano in capannoni abbandonati in diverse aree industriali del Nord Italia che venivano riempiti e poi chiusi saldandone addirittura le porte.
Il monitoraggio attraverso il gps dei camion e pedinamenti a distanza hanno mostrato l’interramento di un carico di 25 tonnellate di rifiuti presso una cava dismessa di Lamezia Terme, reato poi interrotto in flagranza.
I rifiuti provenienti da impianti dell’hinterland napoletano erano intermediati da una società di Acerra la quale si occupava di individuare destinazioni apparentemente lecite a rifiuti non trattati come dovuto. Ciò avveniva grazie alla disponibilità di trasportatori di fiducia e al ruolo fondamentale svolto da un impianto di trattamento autorizzato in provincia di Como, reale snodo del traffico; qui i rifiuti solo apparentemente venivano trattati presso l’impianto comasco, mentre erano destinati a riempire capannoni dismessi, a essere abbandonati in ex aree industriali, a essere interrati ad esempio in una cava abbandonata di Lamezia terme. I trasportatori compiacenti venivano scortati di volta in volta da apposite staffette che li guidavano nel sito abusivo attivo in quel momento. A disposizione del sodalizio anche una professionista in campo ambientale di Como,  la quale, dietro compenso, prestava la sua consulenza tecnica per la creazione del complesso sistema documentale utilizzato per schermare il traffico, per i pm pienamente consapevole del profilo  criminale dei suoi clienti

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